La Corte Suprema di Cassazione chiude la querelle giudiziaria, confermando la sentenza della Corte di Appello penale di Bologna e dunque la sussistenza dell’illecito.
Illegittimo in quanto trae in inganno il consumatore, evocando un’inesistente origine italiana ed una altrettanto inesistente provenienza da mosti di vini DOC. E’ questa in sintesi la conclusione arrivata dalla Corte Suprema di Cassazione sull’affaire “wine kit”, iniziato nel febbraio 2016 con una sentenza di assoluzione di 1° grado da parte del Tribunale penale di Reggio Emilia e poi proseguito nel maggio 2019 con quella della Corte di Appello penale di Bologna che ne aveva ribaltato l’esito, condannando uno degli imputati per il reato di cui all’art. 517 del codice penale “vendita di prodotti con segni mendaci”. Una sentenza, quest’ultima, ora confermata dalla Corte Suprema di Cassazione che ha scritto la parola fine ad una lunga vicenda giudiziaria, combattuta anche da Federdoc insieme a Cia-Agricoltori Italiani, al tempo parti civili nel processo.
“Dopo anni di battaglie legali – dichiara Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc – contro questi famigerati wine kit, che avrebbero causato un danno di almeno 200 milioni di euro al settore vinicolo nazionale, apprezziamo fortemente questo risultato, che va nella direzione della trasparenza e della tutela del consumatore, ma anche della salvaguardia del vino italiano a livello internazionale, su cui siamo da sempre in prima linea. Su questa vicenda, in particolare, abbiamo agito con costanza e decisione, fornendo delle tesi valide che non a caso sono state accolte dalla Corte di Appello penale di Bologna e adesso ulteriormente avvalorate dalla Corte Suprema di Cassazione, che ha confermato appieno la sussistenza dell’illecito. La vittoria raggiunta rappresenta dunque un risultato importante per il comparto e il made in Italy di qualità e, allo stesso tempo, un ulteriore stimolo per rafforzare ancora di più la nostra attività di tutela contro ogni tipo di contraffazione”.